E
LA SUA INFLUENZA NELLA STORIA DEL POPOLO NERO E NELLE RELIGIONI AFRO-AMERICANE
Nell’agosto 1704 una giovane ragazza di 20 anni chiamata Kimpa Vita ebbe la visione di un uomo che le disse: “Io sono Sant’Antonio, sono stato inviato da Dio per portare il suo insegnamento ai Kongolesi. E’ da lungo tempo che penso di venire in aiuto di questo popolo andando di provincia in provincia: sono stato prima a Nzeto ma loro non mi hanno ben accolto. In seguito sono stato a Soyo e loro mi hanno voluto battere. Io sono fuggito e sono arrivato a Bula e ho ricevuto lo stesso trattamento. Attualmente io cerco qui a Kibangou e ti ho scelto” Sant’Antonio prese possesso del corpo della giovane Kimpa Vita, giovane ragazza originaria del Monte Kibangou bagnato da 5 fiumi.
Secondo la tradizione del Kongo il luogo dove scorre un fiume è un luogo sacro, poiché rappresenta la frontiera tra il mondo reale ed il mondo invisibile (la foresta e le cascate anche). La giovane Kimpa Vita fu una Nganga Marinda - pretessa tradizionale - iniziata alla società segreta “Kimpasi” che aveva per missione di liberare le persone dalle forze del male attraverso cerimonie di esorcismo chiamate “Mbumba Kindonga”.
Per i missionari la società Kimpasi era una società segreta di stregoneria e la maggior parte dei templi “Kimpasi” che si trovavano nelle foreste furono distrutti dai cappuccini(v. scritti di Padre Luca Da Caltanissetta e Padre Marcellino D’Atri).
La società Kimpasi a sua volta riteneva che i cappuccini erano stregoni. Secondo il prof. John Torton, storico dell’Università di Pennsylvania, “I cappuccini avevano il potere di individuare qualcuno che era Ndoki” ed erano nello stesso modo capaci di annientare i Kindoki. Il padre Juan de Rosa nella città di Mbwela fu accusato di aver stregato la duchessa Kongo Dona Inés e sua sorella e questa storia ha avuto molta eco ma fu soffocata dai cappuccini stessi.
Il padre Marcellino d’Atri passava una grande parte del suo tempo sul monte Kibangou che era un luogo sacro per i Kongolesi. Ogni anno, le popolazioni della zona gettavano le offerte nel fiume Mbidizi. I missionari consideravano queste offerte come cerimonie pagane alle quali bisognava mettere fine. Certi vedevano in questo un modo per i missionari di volersi conquistare il potere spirituale del monte Kibangou. In questo luogo si trovava una gran pietra chiamata “Lunsuzi” e questa pietra fu distrutta dai missionari poiché gli autoctoni la consideravano come protettrice. (In Iscozia per es. i Re erano incoronati su una pietra chiamata la pietra del destino che secondo la tradizione scozzese concedeva al nuovo re il potere del buon governo).
Kimpa Vita posseduta dallo spirito di Sant’Antonio, annunciò alla sua famiglia la visione avuta. Lei li farà in seguito partecipi dell’ordine divino che aveva ricevuto: quello di predicare la vera religione dei Né-Kongo. Kimpa Vita cominciò a predicare sul monte Kibangou, la montagna sacra e si dirigerà poi verso il palazzo reale per chiedere al re Pedro IV di aggiungersi a lei per poter pregare il vero Gesù al fine di restaurare il Regno incancrenito dalla guerra, dalle divisioni e dalle lotte sociali.
Secondo il padre Bernardo da Gallo
“Gli alberi piegati o caduti si sono raddrizzati al passaggio di Kimpa Vita e le porte delle mura che circondavano il palazzo del re si sono aperte da sole, aperte da mani invisibili”. Anche noi abbiamo dei santi in Kongo, disse lei. Kimpa Vita disse che l’uomo bianco aveva sbiancato Dio per il proprio profitto, disse che un nuovo regno nascerà, bisognava ricostruire la città, ricostruire le case.
Kimpa Vita ha illuminato quelli che la seguivano attraverso la sua fede e le sue preghiere. Le sue cerimonie erano ricche d’incanto, preghiere, trance (in kikongo Kimpeve) e contorsioni, prediche e canti diversi “Salve Sant’Antonio! Ave Maria”.
Kimpa Vita disse che la Terra Santa era il Kongo, i padri della Chiesa erano africani e che sant’Antonio è il più importante di tutti i santi, lui è il patrono degli umili e degli sfruttati. Kimpa Vita aveva anche confermato gli insegnamenti di Mama Mafuta, la prima ad aver visto la vergine Maria sulla terra Kongo.
Gli insegnamenti dei cappuccini secondo i quali la Chiesa era originaria dell’Europa e che il padre della Chiesa era dei bianchi erano dunque sbagliati, era del “Bungungu”. La storia della Chiesa è una storia africana, una storia del Kongo. Gesù Cristo è nato a Mbanza Kongo. Quando il catechismo parla di Bettlemme è Mbanza Kongo; Gesù fu battezzato a Nazareth ma in realtà Gesù era stato battezzato al Nord della provincia di Nsundi. Maria era una schiava di Nzimba Mpangui quando lei rimase incinta del divino figlio Gesù Cristo.
Kimpa Vita era sempre circondata da una folla immensa. Padre Bernardo De Gallo aveva rivendicato il merito di 80.000 conversioni attraverso Kimpa Vita. Anche Dona Maria Hipolita la sposa del Re Pedro IV aveva aderito al Bundu Dia Mama Kimpa Vita.
Kimpa Vita aveva deciso di restaurare il regno del Kongo.
Il suo messaggio era un solo grido “M’Iolo” per radunare il popolo per la rinascita del regno. Secondo lei, l’uomo bianco era originato da una pietra d’argilla chiamata Fuma in kikngo e gli uomini neri erano originati da un albero chiamato Munsanda. L’albero e la foresta sono dei simboli del mondo invisibile e gli spiriti degli antenati vivono nei laghi e negli oceani, “Nsimbi”. La scorza dell’albero Munsanda era la materia con la quale si era sviluppato Gesù alla sua nascita ed ognuno che si era abbigliato di questa scorza del Munsanda riceverà la benedizione di Nzambi-a-Mpungu. Tutti gli adepti di Kimpa Vita furono vestiti di abiti fatti con la scorza dell’albero Munsanda. Secondo sempre Kimpa Vita l’albero conosciuto sotto il nome di Takula la cui scorza produce un succo rosso, è il sangue di Gesù che poteva trasformare la vita.
Mama Kimpa M’Vita ha predicato a Lemba, Mbanza Kongo (Sao Salvador), Mulumbi, Evululu, Mbuli, Nsuka, Malemba (Regno di Ngoyo, un vassallo del regno del Kongo). I suoi discepoli hanno predicato a Luvota (Provincia di Mbamba), a Mbanza Soyo, a Nzeto, Nsukulu, Matari Nzolo e Nkusu Nzonzo.
Il padre Bernardo da Gallo molto potente alla corte del re non apprezzava le deviazioni dal dogma cristiano, per lui gli antoniani minacciavano la fede, per Kimpa Vita Padre Bernardo da Gallo era geloso, un Ndoki. Molti autoctoni avevano abbandonato la chiesa dei bianchi, Kimpa Vita aveva acquistato un prestigio che minacciava quello dei missionari. Kimpa Vita era dunque divenuta una minaccia considerevole che poteva condurre alla caduta della chiesa, la disfatta della teologia cristiana dunque la perdita del regno da parte dei missionari, bisognava trovare un modo per eliminare Kimpa.
I missionari finirono per usare l’astuzia quando lei cadrà in cinta del suo fedele compagno e farà nascere un bimbo. I cappuccini approfittarono di questa occasione per denunciare l’impostura al consiglio reale che era tra l’altro sotto l’influenza dei missionari. Secondo Padre Bernardo de Gallo nel suo rapporto inviato a Roma, Mama Kimpa Vita fu giudicata secondo la legge tradizionale Kongo ma secondo la legge tradizionale Kongo la verginità non è obbligatoria prima del matrimonio e nella società Kongo una “ragazza-madre” non è rifiutata. Kimpa Vita rifiuterà di abiurare pubblicamente ciò che gli si rimproverava come errore.
Il consiglio reale sotto la presidenza di Don Bernardo il Vuzi a Nkanu il grande giudice assistito dal segretario reale Miguel de Castro pronuncerà la sentenza di morte per eresia - crimine di natura religiosa - e dopo un processo montato di tutto punto dai cappuccini.
Kimpa Vita fu condotta su un grande braciere nello stesso modo che tutti quelli che due secoli prima avevano contraddetto la dottrina della chiesa cattolica: Copernico, Galileo, Jean Hus, Tommaso Campanella, Giordano Bruno.... ed anche le decine di intellettuali e grandi sapienti che sono morti nelle prigioni del santo uffizio e tribunali d’inquisizione, al fine di conservare il dogma del cattolicesimo intatto, proteggere la sua teologia dunque preservare il suo potere politico, sociale, pedagogico ...
Kimpa fu uccisa il 2 luglio 1706, bruciata su un grande braciere. Morì col nome di Gesù in bocca, una grande stella era apparsa in cielo sul luogo del sacrificio. Dopo che il suo corpo fu bruciato le ceneri furono di nuovo bruciate e disperse in un luogo sconosciuto perché nessuno le potesse utilizzare come reliquia. I missionari espressero in questo modo la forma più assoluta della cattiveria.
L’INFLUENZA DI KIMPA E DEGLI ANTONIANI SUI MOVIMENTI DI RESISTENZA E LA CULTURA AFRO
Per gli antoniani la forma fisica di Sant’Antonio non esisteva più ma il suo spirito esisteva e giravano voci che Kimpa Vita doveva reincarnarsi da qualche parte in Kongo, d’altra parte qualche giorno dopo la sua esecuzione qualcuno aveva detto che si era “ritrovata” Kimpa Vita in Mbanza Kongo
In tutti i casi questa storia di Kimpa Vita è stata presa dalle opere di europei che hanno scritto su questi eventi a cominciare dai rapporti dei missionari cappuccini che non avevano alcun interesse a relazionare una storia che poteva minacciare il loro dogma. Questi rapporti dei missionari sono dei racconti scritti anche per giustificare il loro operato, quindi forse non del tutto “obiettivi”.
La verità storica di Kimpa Vita è conosciuta dalle fonti orali che datano al 18° secolo ed anche attraverso le chiese che sono nate nei secoli successivi dopo la sua morte tra cui quella di sua eminenza Simon Kimbangu, eminenza Ddianguenda Kuntima, Simon Mpadi, attraverso il kimbanguismo, la chiesa tokoiste del profeta Simao Tokaio che parla della negritude di Gesù Cristo o quella di Ngunza di tata Ntuadisi Antoine Ngoko che lancia lo stesso grido per riunirsi “Mazinga M’Iolo” lanciato da Kimpa Vita dal 18° secolo per la restaurazione del regno del Kongo.
In tutti i casi Mama Kimpa Vita ha avuto un’influenza enorme dopo la sua morte “la potenza di qualcuno si misura nei segni che seguono la morte” o ancora come disse Maria, regina di Scozia “è nella mia fine che c’è il mio inizio”. Durante le guerre che si sono susseguite nel regno del Kongo nel 18° secolo, molti prigionieri sono stati venduti come schiavi e numerosi erano Antoniani (partigiani del Bundu dia Mama Kimpa Vita). Questi schiavi erano deportati dal porto di Kabinda o Soyo dove i battelli degli inglesi e degli olandesi che dominavano la tratta venivano ad approvvigionarsi di schiavi. Per questi schiavi ne-Kongo, il fatto di essere trasportati da un battello era visto come un mistero, un viaggio verso la morte perché nella cosmogonia Kongo l’acqua è il luogo dove vivono gli antenati, i morti, questi Kongolesi pensavano di essere trasportati nel mondo dei morti dai bianchi ed il colore bianco era tra l’altro - per la loro cultura - il colore della morte.
Secondo le testimonianza di padre Lorenzo de Luca che aveva viaggiato nel naviglio “Nostra Senora Do Cabo” che trasportava schiavi fino a Salvador (provincia di Bahia) in Brasile il 10 agosto 1709, molti schiavi avevano una medaglia degli antoniani (i primi schiavi ad arrivare in Brasile furono dei Ne- Kongo che provenivano dal Kongo dia Ntotela nel 1705), secondo Johannes Menne Postma (nel Dutch in the Atlantic Slave Trade, 1600-1815, appendix 1 cambridge university press 1990) alcuni Kongolesi venduti come schiavi furono condotti al Suriname, in Giamaica, alle Barbados, Antigua, in Virginia a Port York e poi nella James Valley dove questi Kongolesi hanno lavorato nelle piantagioni del caffé ed i più grandi uomini in Haiti, nella Carolina del Sud e più tardi a Nuova Orleans dove avevano portato le loro culture e le loro religioni, quella di Kimpa Vita era presente nella maggior parte di loro.
Lo storico americano Peter Wood afferma (nel Negro in colonial South Carolina from 1670 through the stono rebelion - New –York 1974) che più del 60% degli schiavi della Carolina del Sud era dei Ne-Kongo. Nel 1739 i coloni americani della Caroline del Sud dove erano concentrati la maggior parte degli schiavi Kongolesi, parlava della presenza di schiavi che avevano qualità mistiche, uomini misteriosi, che avevano la capacità di scomparire misticamente o di ritrovarsi in più posti nello stesso momento.. Il professor John Thorton dell’Università di Pennsylvania ha tra l’altro confermato che tutti gli schiavi cristiani della Carolina del Sud erano convertiti alla religione cattolica in Kongo ed in seguito riconvertiti in quella di Kimpa Vita (cf John Thornton, the Congolese saint Anthony, chapitre 9, Cambridge University press 1998).
Il 9 settembre 1739 nella Carolina del Sud uno schiavo Kongolese conosciuto col nome di Jemmy era alla testa di un sollevamento di schiavi Ne-Kongo conosciuto sotto il nome “Stono“. Questa rivolta è considerata come una delle più grandi rivolte di schiavi in tutta la storia dell’America del Nord. Una domenica, giorno di riposo, a fianco del fiume Stono, situato a qualche km. dalla città di Charleston, questi schiavi avevano attaccato un nascondiglio di armi, alcuni erano guerrieri che avevano combattuto nella provincia di Mbamba e sapevano usare bene le armi. Seminarono il terrore, bruciarono le case gridando “lukangu ou lucangu” una parola che vuol dire chiudere ma anche liberare, ripetuta nelle preghiere Antonine, una preghiera del Bundu di Kimpa Vita.
Ne-Kongo si rifugiarono in seguito in Florida dove i coloni spagnoli che avevano promesso la libertà agli schiavi d’America gli diedero un’appezzamento di terra creando la città di Santa Teresa di Mose, la prima città di Neri liberi in tutta la storia dell’America del Nord. Questi Ne-Kongo furono utilizzati comunque dai coloni spagnoli come guardie alle frontiere della Florida
E’ a partire dalla rivoluzione di Stono che i coloni dell’America del Nord hanno cessato d’importare schiavi dal Kongo rivolgendosi verso l’Africa occidentale per quasi un decennio. In seguito ricominciarono i francesi che condussero gli schiavi del Kongo in Louisiana, a Nuova Orleans.
Secondo il prof. John Thorton la maggior parte dei rivoluzionari di Haiti nel gennaio del 1804 furono Ne-Kongo. Il professore, nella sua opera, ci dice che i rivoluzionari di Haiti cantavano in Kikongo “Kanga Mundele, Kanga Ndoki” delle parole che si ritrovano anche nella preghiera Salve Antonina di Mama Kimpa Vita. E’ da sottolineare che i rivoluzionari haitiani avevano inflitto una sconfitta pesante all’armata francese di Napoleone, la più potente dell’epoca. In questo periodo rivoluzionario di Haiti si parla molto di un certo Makandala nome trasformato dagli occidentali in Mack Dal. Fu un grande rivoluzionario di origine kongolese, aveva messo a morte un grande numero di francesi. Questa rivoluzione diede vita alla prima repubblica nera della storia dell’Umanità. Furono questi rivoluzionari haitiani che hanno aiutato Simon Bolivar nella sua lotta contro gli spagnoli. E’ infatti dal porto di Jacmel in Haiti che le truppe di Simon Bolivar si lanciarono nel 1816 verso la vittoria e la liberazione dal giogo coloniale spagnolo nei 5 paesi dell’America latina.
Il vodoo di Haiti: alcuni pensano che sia proprio la sintesi della pratica tradizionale Kongo, Yoruba della Nigeria ed il Fons del Dahomey (Benin). Nel suo folclore e nella sua pratica, si utilizza spesso il Pakets Kongo, talismano in tessuto per la protezione contro le forze negative, si invocano i Nsimbi (spiriti delle acque di cui Kimpa Vita aveva parlato durante le sue predicazioni). Nella musica tradizionale di Haiti si trova anche un ritmo chiamato YAYA TIKONGO ed un tamburo Bonga. I kongolesi ad Haiti sono concentrati nel Nord.
In Giamaica la popolazione nera è divisa in due, la nazione “Marrons” e la nazione “Kongos” o bongo. La nazione “Marrons” è originaria dell’Africa dell’Ovest e loro parlano il Kromanti che viene dal Cormantin, lingua parlata in Ghana e dall’akan, regno Asante del Ghana. I Marrons sono concentrati nelle “Montagne blu” della Giamaica. Mentre la nazione Kongos o Bongo è concentrata nell’est della Giamaica e parlano una lingua molto simile al Kikongo e sono i discendenti degli schiavi Kongo arrivati in Giamaica nel 18° secolo. Il ritmo musicale dei Kongo della Giamaica si chiama Kumina o Kodongo ed il loro tamburo si chiama Ngoma che loro utilizzano per invocare gli spiriti degli antenati. La loro musica si chiama Nyabinghi (vedere scheda successiva). La nazione Kongo ha abbracciato in larga misura il catechismo universale negro di Marcus Garvey, un giamaicano di origine marrons ed anche le teorie del Jah Rastafari Hailé Sélassié. Questi ultimi credevano nella negritudine di Gesù come i loro antenati Kongo che avevano acquisito questa “conoscenza” da Mama Kimpa Vita. Il musicista giamaicano Natty Kongo ci riporta la tradizione Kongo nella musica e le sue trecce che egli chiama “Dredlock Kongo”
In Brasile i primi schiavi ad arrivare furono dei Kongolesi nel 1705, furono i primi neri ad entrare in contatto con gli indiani del Bara-tzil (terra della croce o terra della luce secondo gli indigeni). Questi kongolesi sono stati coofondatori della samba, della rumba, maculele; uno dei più grandi musicisti della samba è un kongolese conosciuto sotto il nome di Ernesto Joaquim Maria Dos Santos alias Donga ed il gruppo Oita Batutas. I Kongolesi del Brasile si sono segnalati in tutti i movimenti di lotta per la libertà dei neri del Brasile. Ricordiamo il kongolese conosciuto sotto il nome di Zumbi, il primo leader del movimento di liberazione dei Neri in Brasile, uno dei pionieri dei Quilombos (comunità indipendente dei neri del Brasile fondata dai Kongo)
“I Quilombos hanno un sistema di credenze molto simile ai Bosch per quanto riguarda il ruolo della Donna, ovvero sono gruppi matrilineari ed hanno un’organizzazione politica assolutamente democratica: il consiglio degli anziani e l’ assemblea composta da tutti i membri del villaggio hanno l’ultima parola nelle decisioni interessanti la Comunità.
Zumbi era figlio di madre schiava che fuggì e si rifugiò a Palmares dove già era presente una comunità. Lui ne organizzò la resistenza e con lui Palmares divenne una società organizzata pienamente, contando ben 20.000 persone (1630).
Gli olandesi ed i portoghesi si impegnarono in decine di spedizioni con tanto di eserciti per reprimere questa Comunità ma i risultati furono spesso altre liberazioni di schiavi e la creazione praticamente di una “Repubblica democratica, egualitaria e solidale” nel bel mezzo di un sistema coloniale. Palmares resistette quasi 90 anni finché nel 1695 dovette arrendersi e Zombi fu ucciso e squartato per gettare i pezzi del suo corpo per tutto il porto e la sua testa venne esposta al pubblico in una piazza di Recife.
Palmares è peraltro la patria della Capoeira che nasce come “arte di guerra” e diventa danza......arte marziale ... mezzo di crescita interiore, espressione della saggezza mistica “interculturale” (mescolanza dei ritmi africani, nativi americani ed europei....)” (da Jacopo Fo e Malucelli Laura, op.cit.)
Da non dimenticare Besouro Manganga, Manuel dos reis Machado alias Mestre Bimba......e voglio ricordare qui anche la schiava Anastasia oggi venerata come una Santa che fu condannata dai suoi padroni ad indossare tutta la vita una maschera di ferro perché si era ribellata alle violenze sessuali dei suoi padroni. Si dice fosse una principessa del Kongo e Antonio Alves Teixeira scrisse un libro sulla storia di questa principessa Bantu.
A Salvador la più grande città nera del Brasile,nella provincia di Bahia, predomina una religione chiamata Candomblé che è una mescolanza della pratica spirituale degli schiavi del Kongo e dei Yorouba della Nigeria. Questa religione è divisa in due. Il Gegé-Nago Candomblé basato sulla sua tradizione yorouba ed il Cabaclo candomblé (cabaclo=cabaclo de Aruanda, gli indiani di Luanda) o ancora i Candomblé del Kongo, è una danza in onore di Dio e dei Santi che sono presentati come Neri (San Francesco etc..). I praticanti del Candomblés credevano nella negritudine di Gesù Cristo e dei Padri della Chiesa.
Sempre in Brasile si parla anche della religione Umbanda - Quimbanda la cui origine è semisconosciuta. Certi parlano di un’origine indiana ma altri stigmatizzano che umbanda viene da Kikongo Kumbanda, guaritore con l’aiuto degli spiriti Zumbi una parola derivata da Nsimbi. Gli spiriti degli antenati che vivono nell’acqua come diceva Mama Kimpa Vita, questi spiriti sono Quilulo e Muculo ed è molto praticata nel sud del Brasile dove si distingue anche la religione Macumba nella quale si trova qualche pratica Kongo.
A Cuba i primi schiavi arrivarono dapprima da Haiti nel 1513, in seguito nel 1520 vi arrivarono 300 schiavi dal Kongo inizialmente per lavorare nelle miniere d’oro di Jaugua. In seguito ci furono altri arrivi provenienti dal Kongo e più tardi dall’Africa occidentale. Anche qui ci sono stati dei movimenti rivoluzionari durante i quali gli schiavi fuggirono nelle montagne dell’est di Cuba. Questi fuggitivi sono conosciuti nella storia di Cuba come Cimarrones o Cimarrones Kongo. In queste montagne essi formarono delle comunità “Le Palenquens”. (In Brasile si chiamavano Quilombos che significa villaggio in Kibumdu o kikongo; comunità simili esistevano anche presso gli schiavi neri in Messico, Venezuela e Colombia). Riunendosi in queste Comunità questi Kongolesi di Cuba hanno continuato le loro pratiche religiose del Kongo dia Ntotela. Ed è da queste Palenquens di Cuba che è nato il Palo Mayombe originario del Kongo: una maniera di comunicare con gli spiriti, l’albero e la foresta sono considerati come dei simboli del mondo invisibile come per Kimpa Vita. Dio è chiamato Nzambi e gli spiriti Enkisi (spiriti della luce) e Ndoki (spiriti delle tenebre) e gli adepti del male sono chiamati Tata e gli adepti femminili sono chiamati Yaya e colui che dirige il culto è chiamato Tata Nganga
Durante la guerra d’indipendenza di Cuba o guerra ispano-americana anche i neri originari del Kongo dia Ntotela si sono segnalati nelle lotte per l’indipendenza: da ricordare la leggendaria “Grito de Yara” grido di Yara, Mariano Ganga, Domingo Macua, Felipe Macua, Mayimbe Jose Dolorés,Ambrosia Congo, Felipe Ganga, Lorenzo Ganga senza dimenticare la schiava Dolores Iznaga guaritrice tradizionale.
In Messico, Venezuela, Colombia, Argentina, Suriname e alle Barbados le comunità nere praticano anche il Palo Mayombe che ha una connotazione congolese e il Bundu dia Mama Kimpa Vita. Nella storia rivoluzionaria dei Neri del Messico si parla di un certo Gaspar Yanga e di suo figlio Nanga. Su una pagina web si trova scritto che erano Gabonesi e che il suo aiutante di campo era angolese. Si chiamava Francisco de la Matosa, si può parlare di Ne-Kongo? Solo delle ricerche approfondite potranno dirlo. Occorre sottolineare che il Messico ha avuto un Presidente Nero: Vincente Guerrero, comandante dell’armata del Messico dal 1823 al 1824 e Presidente dal 1829 al 1830. Non si conoscono le origini forse afro-indiane poiché molti schiavi si sono mescolati con gli indiani dando vita ad una razza afro-indigena.
Oggi tutte queste religioni Afro-americane d’origine Ne-Kongo sono spesso contaminate negativamente perdendo la colorazione derivante dal legame con gli schiavi del Kongo, si sono mescolate con i riti Yoruba, con quelli del Benin, degli indigeni ma spostando l’asse sempre più verso pratiche per il male, sono diventate “malefiche”. Negli Stati Uniti a New York, Los Angeles, Nuova Orleans, Luisiana e Miami numerosi sono i gruppi o soggetti perseguiti dalla legge per crimini fatti attraverso i rituali e l’FBI conduce una seria inchiesta sulle pratiche criminali dei suoi adepti accusati di sacrifici umani.
Dunque l’influenza di Mama Kimpa Vita fu enorme anche dopo il suo assassinio sul rogo ed anzi forse ancor di più sulle strade dello schiavismo: nel primo e più grande movimento di lotta degli schiavi del 1739; nella rivoluzione di Haiti e creazione della prima repubblica nera della storia; nel movimento di liberazione dei neri in Brasile ed a Cuba.
Ed ancora nella lotta di Simon Kimbangu contro la Chiesa occidentale in Congo belga e di André Grenard Matsoua che lottò contro l’occupazione francese.
Mama Kimpa Vita è dunque la madre della chiesa dei neri e faro della lotta di liberazione e della spiritualità dei Neri del Kongo.
Il testo è in parte preso e tradotto anche dal sito di
www.lumumbajr.com
Drusilla Dunjee Houston
Par Sista Diaspora – Rédactrice
Magazine – Fondatrice du magazine en ligne «
Diaspora », www.sistadiaspora.com
Drusilla Dunjee Houston è una figura importante e sconosciuta della nostra storia e che con l’opera metodica e molto completa che lei ha lasciato ha aperto la via a dei concetti quali il panafricanismo o l’afro. La si può piazzare tra le prime storiche panafricane anche se non ne aveva il titolo poichè la sua formazione era piuttosto autodidattica. Tuttavia il lavoro considerevole e ammirabilmente documentato che lei ha saputo produrre la piazzano al rango di storica importante come altri più conosciuti, l’illustre Cheick Anta Diop o Joseph Ki Zerbo o Theophile Obenga che hanno segnato gli spiriti contemporanei poichè regolarmente citati.
Una devozione per la comunità: un eredità di padre in figlia
Nata a Winchester, Virginia (USA) nel 1876 lei è figlia del reverendo e missionario John William Dunjee e di Lydia Anne Taylor Dunjee che ebbero 9 bambini ma di cui solo 5 sopravvissero fino all’età adulta. John William Dunjee è una figura importante e che ha lasciato il segno nell’emancipazione nera, Lui era il figlio del 10° presidente americano, John Tyler e di una schiava.
Contribuì alla creazione di molte chiese battiste per i Neri-americani attraverso gli USA ed egualmente alla creazione di prestigiose università nere americane quali Spelman, Shaw, Hampton e Langston.
Era un uomo molto impegnato e molto cosciente dell’importanza delle sue origini. Metteva l’accento sul dovere che egli aveva di permettere l’emancipazione degli schiavi come lui negli USA ed ha trasmesso questa forte coscienza ai sui bambini.
Lui morì nel 1903 lontano dalla sua Virginia natale che aveva lasciato nel 1892 con la sua famiglia per l’Oklahoma.
E’ qui, in questi luoghi intellettualmente ricchi ed impegnati nella comunità che Drusila si inserisce. Anche se lei non ha frequentato dei grandi college ha potuto finire gli studi secondari nelle scuole del nord degli USA
Con un gran talento musicale lei rinunciò ad una carriera promettente di pianista di concerti per consacrarsi ad un altra delle sue passioni: l’insegnamento.
Tra il 1892 ed il ’99 e dall’età di 16 anni lei insegnerà nelle scuole materne e poi nelle primarie dell’Oklahoma City dove fu una delle prime insegnanti.
Molto critica ed insoddisfatta dei programmi d’educazione proposti ai ragazzi, a 22 anni sposa Price Houston un magazziniere di 11 anni più vecchio e con lui lascia Oklahoma City per Mac Alester, in territorio indiano, dove aprirà una scuola per ragazze che dirigerà per 12 anni.
Dal 1917 al 1923 lei sarà direttrice a Sapupa (Oklahoma) al collegio battista per ragazze per aprire più tardi una scuola d’arte e mestieri.
E’ in questo momento che lei debutta nella carriera gornalistica, in particolare nel giornale di suo fratello il “Black Dispatck” una voce nella lotta per i diritti civili nel quale la qualità dei suoi editoriali fecero parlare rapidamente di lei.
Ben presto giornali come il Searchlight Bookertee o l’Arizona Journal and Guide si indirizzarono a lei tramite alcuni editori. Lei riceverà il riconoscimento nazionale per il suo lavoro giornalistico in quanto redattrice sindacale nel 1925 per l’Association Negro Press (ANP). Qualche anno dopo sarà nominata direttrice di ricerca e resterà fino al 1939, quando sarà troppo malata per scrivere.
Una Donna impegnata nella sua Comunità
Molto impegnata socialmente per la sua comunità lei ha contribuito alla creazione della Croce Rossa in Oklahoma, alla NAACP (National Association for the Advancement of Colored People) che non dobbiamo neppure presentare visto il grande ruolo nell’emancipazione della comunità africana americana) o ancora alla nascita del YWCA (Young women’s Christian association) che oggi esiste in quasi tutti i paesi del mondo.
La sua importanza nella storia africana viene dal fatto che lei fu la prima donna ad aver scritto uno studio di numerosi volumi sull’Africa antica ed i popoli antichi. Lei è poco conosciuta poiché è molto difficile procurarsi certe sue opere che non sono state tutte pubblicate o hanno avuto un piccolo tiraggio.
Lei ci ha pertanto offerto un’opera maggiore in tre volumi di cui solo il primo è stato pubblicato . “The wonderfull ethiopian of the ancient Cushites Empire” (Le meraviglie etiopiche dell’antico Impero Cushita) nel quale lei dichiara in modo metodico e secondo una prospettiva afrocentrica che l’Africa ha avuto molte civilizzazioni avanzate nell’antichità e che queste sono coesistite con quelle europee o asiatiche.
In un’epoca in cui la storia era studiata e vista in maniera eurocentrica (più d’oggi...!) il suo libro, le sue ricerche e dimostrazioni erano piu’ assimilate al mito che alla storia. Il suo interesse per la storia era stato ispirato dal contatto di W.E.B. Du Bois ((William Edward Burghardt Du Bois) che era un grande storico, sociologo ed attivista nero che lasciò delle opere che hanno ispirato degli autori africanisti del mondo intero. Drusila fu molto impressionata dalla sua opera “The Negro” che l’ha confortata nella sua volontà di approfondire le sue ricerche nel contributo alle civilizzazioni negro-africane sulle differenti civilizzazioni del mondo.
Quando nel 1926 lei pubblicò questa opera che ha scritto in 25 anni si può già vedervi gli aspetti del movimento della Negritude e del Panafricanismo. Nel 1986, probabilmente dopo il lavoro importantissimo provato ormai anche dalle ricerche scientifiche di Cheick Anta Diop sull’origine dei popoli antichi della regione del Nilo, l’opera di Drusilla Dunjeet sarà ristampata e considerata come opera che meritava il suo posto tra le opere di riferimento della storia africana.
“Nazione Negra e cultura” di Cheick Anta Diop è stato pubblicato nel 1954 ovvero 3 decenni dopo quello di Drusila che aveva pertanto già dichiarato, grazie alle sue ricerche, che la civilizzazione etiopica era la Madre di molte civilizzazioni e che le aveva influenzate significativamente. Più recente della civilizzazione egiziana ed essendo stata influenzata da essa, la civilizzazione etiopica resta una delle più antiche civilizzazioni negro-africane del mondo (si trovano ancora delle piccole piramidi in Etiopia e nel Sudan attuale)
La teoria di Houston era molto audace per la sua epoca e la sua mancanza di conoscenza sui procedimenti accademici in particolare a livello delle citazioni delle fonti (che lei non ha fatto sistematicamente) hanno giocato in suo sfavore nella considerazione e nel riconoscimento della sua teoria e del suo lavoro. Non poteva essere troppo rigorosa poichè non poteva avere accesso ad alcune risorse unicamente accessibili a storici riconosciuti. Inoltre, le biblioteche dell’Oklahoma dove lei viveva erano meno fornite di quelle delle grandi città.
Ma tutto ciò non toglie nulla al fatto che lei possa essere citata tra le Eroine d’Africa, soprattutto se si considera il lungo lavoro di gran lena che lei ha svolto da sola. Non dimentichiamo che Drusila resta una delle pioniere dello studio della storia africana.
Il riconoscimento del suo lavoro
Dunjee aveva saputo mettere in luce l’influenza rilevante della civiltà africana sull’Asia antica e sull’America antica. Lei riuscì anche a provare la stessa influenza sull’origine dei popoli ariani. “Les Merveilleux Ethiopiens et la Civilisation Couchites Ancienne” è stato accolto favorevolmente da certa stampa dell’epoca come per esempio Pittsburgh Courier per il quale il bibliofilo Robert L. Vann. Schomburg aveva scritto: “ Considerando questa ricerca esaustiva, considerabile ed il lavoro infaticabile che ha prodotto questa compilazione incredibile, posso affermare che l’autore ha dovuto sicuramente usare l’olio della sua lampada. Noi siamo riconoscenti a Drusila D. Houston per questo libro chiarificatorio e completo”
Joel Augustus Rogers uno storico giornalista e ricercatore ha raccomandato che l’opera di Drusila fosse piazzata in ogni luogo d’incontro afro-americano e proposta nelle scuole del mondo.
Il giornalista A. Philip Randolph, del Messanger sottolineò che : “M.me Houston ha compiuto quello che pochi autori neri avrebbero avuto la pazienza e perseveranza di realizzare ... Lei ha scavato nel passato per dimostrare che la letteratura, l’arte, la musica, la religione e i costumi greci ma anche i portatori della fiaccola della civilizzazione erano tutti impregnati ed influenzati dagli Etiopici”
L’Associazione “Negro Press” la nominò membro onorario per le sue realizzazioni e collaborazioni istituendo una borsa di studio commemorativa a suo nome. Se lei fu riconosciuta sopratutto per il suo lavoro di giornalista e storica autodidatta era tuttavia anche una poetessa prolifica a cui dobbiamo il Poema “The Maddened Mob” che dipingeva gli orrori del linciaggio.
Lei ebbe due figli, Florence ed un’altra figlia cui non ha avuto il tempo di dare il nome poichè morì alla nascita. Suo marito, Price Houston morì nel 1931. Come sua madre Drusilla ha sofferto di tubercolosi per anni. La malattia finì per darle la morte che avvenne a Phoenix in Arizona, nel febbraio del 1941.
Fervente cristiana sulla sua pietra tombale si può leggere “To Die is to gain” (morire è vincere)
Questa donna incredibile che ha dedicato la sua vita a dare la luce alla storia africana ed all’influenza delle civiltà africane è stata lasciata a lungo nell’oblio. Grazie ad alcuni storici noi conosciamo il contributo più che rispettabile che lei ha apportato allo studio della storia africana. Drusilla Dunjee Houston è per noi una Regina ed Eroina d’Africa ed era dunque importante per RHA-Magazine ridarle il posto che si merita.